martedì 27 settembre 2016

BLAIR WITCH - LA RECENSIONE SENZA SPOILER


Diciassette anni fa sbancava i cinema uno dei più riusciti progetti di marketing contemporanei, un film evento esploso col fondamentale aiuto di internet e grazie al quale il mockumentary e il found footage raggiunsero di prepotenza il grande pubblico dando il via a una nuova ondata di pellicole amiche intime della xamamina.
Quel progetto era il fortunatissimo
The Blair Witch Project, un nome che (almeno per quelli della mia generazione) non ha bisogno di presentazioni.
In questi giorni nei cinema è uscito invece BLAIR WITCH, nominalmente spacciato come il seguito del campione d’incassi del 1999 e, spinto dal ricordo e dall’idea di un
vero seguito, sono andato a vederlo. E?
E, come diciassette anni fa, sono andato al cinema a rivedermi 
The Blair Witch Project.
Spaesamento, acido e sospetto d’inculata compresi nel prezzo.
Poi dicono che sono stronzo io, che certe cose me le vado a cercare.
Un coglione una volta ha anche alzato il tiro dicendomi che godo (si, godo!) nel parlare male di qualcosa, che non mi piace niente, che “quelli come me” non dicono mai nulla di costruttivo ed è meglio perderli che trovarli. Infatti è stato meglio, almeno per me di sicuro.
Io come spettatore, visto che nessuno mi paga il biglietto del cinema, posso assicurarvi che se vado a spendere 8 euro e cinquanta per un film non lo faccio per andare a masturbarmi col 4K e col dolby sarcazzo della sala di turno, se ci vado è perché potenzialmente il film può interessarmi, o perché il trailer mi ha dato vibrazioni positive suscitando la mia curiosità, o perché legato alla serie di film precedenti alla quale appartiene, ci possono essere mille ragioni.
E visto che nessuno mi paga per dirne bene o male, e che a maggior ragione non traggo alcun profitto nel farlo, mi pare legittimo voler parlar bene di un titolo che ha saputo entusiasmarmi (com’è successo con Captain America: Civil War o Il PiccoloPrincipe, o La Grande Scommessa) o male di uno che riesce a farmi vomitare da orefizi sconosciuti (ancora mi brucia quella roboante inculata di World War Z), poi ovviamente nel mezzo scorre il fiume dei buoni, dei bah, dei passabile e dei poteva fare meglio: qui sulla Blogteca si garantisce imparzialità, visto che il primo a spenderci soldi suoi è il pirla che scrive, ok? Bona.

Conclusa questa breve ma fondamentale premessa veniamo al film, a questo ennesimo esercizio di manierismo fatto di riprese traballanti e di gente che urla ininterrottamente nei boschi.



BLAIR WITCH utilizza alcuni basilari escamotage per attirarti al cinema: esattamente come gli odiatissimi remake per prima cosa utilizza il marchio, il titolo storpiato del capostipite, attaccandosi come una mignatta ai ricordi dello spettatore (in questo caso ai miei) per giocarsela facile facile; non contento, sapendo che ormai la maggior parte della gente i remake li schifa a priori, prova a buttarti lì la questione del sequel per insinuare dentro di te il dubbio che sia una storia (quella storia) che procede, che riprende da dove si era lasciato per poi andare oltre, e nell’istante in cui ti trovi anche solo ad accarezzare l’idea in sé, BLAIR WITCH ha già vinto, e ti ha fregato alla grande.

O almeno, ha fregato grosso modo metà del suo pubblico. Ma perché?
Perché se siete più o meno della mia generazione (orgogliosamente 1984 inside)
The Blair Witch Project l’avete visto prima dei vent’anni e per forza di cose la novità, lo stile documentaristico, l’averne vissuta tutta la fase web con quella falsa ma intrigante leggenda metropolitana della “storia vera” costruita ad arte, a 15 anni non potevi non rimanerne folgorato.



Il problema di questo nuovo film è che non si tratta di una messa in scena inadeguata o irrispettosa nei confronti dell’originale, anzi per assurdo il problema qui è proprio l’opposto, ossia che questo BLAIR WITCH non è altro che una copia carbone di
The Blair Witch Project. E’ un remake, fatto e finito.
Il tranello di cui si accennava prima sta nel buttare lì una parentela tirata fuori di fretta e furia tra il nuovo protagonista e la ragazza nel primo film, un roba pretestuosa di suo che vabbè (facendo inoltre un gran casino con date e riferimenti al predecessore in maniera imbarazzante) e lì ci si ferma, perseverando invece nel riciclare senza vergogna dialoghi, situazioni, tempistiche, location e addirittura l’evolversi degli eventi, inquadratura finale compresa.
E’ visivamente evidente che dietro c’è stato uno sforzo produttivo maggiore, su questo niente da dire, e va da sé che la tecnologia in questi anni ha fatto passi da gigante, infatti dove là c’erano videocamere a cassette (con la relativa qualità video) qui abbiamo un drone e microcam auricolari dotate di GPS (spunto buttato lì dieci volte e sfruttato zero), ma il concetto non cambia.
Un budget più ciccione ha permesso di realizzare sequenze come quella del tunnel sotterraneo o di mostrare e costruire qualche sequenza in più all'interno di quella dannata catapecchia in mezzo al bosco, ma si tratta essenzialmente di ampliamenti di scene già viste e che, da spettatori, sappiamo già benissimo dove andranno a parare.




Aumentano i “personaggi”, ora invece che 3 generic-tizi ci sono 6 macchiette, si raddoppia il body count con altre morti (una davvero ben riuscita…
CRACK!!!), e introduce una situazione legata a un personaggio talmente ovvia che stai lì col cronometro per metà film aspettando di averne la conferma (che ovviamente arriva), ma l’ora e mezza scarsa che Adam Wingard tenta di riempire appare drasticamente vuota, e molto presto la noia/il già visto/il sonno prendono il sopravvento.
Già, il sonno: a quella stramaledetta casa sghemba nel finale ci sono arrivato a fatica, tanto che lo “scontro” finale l’ho vissuto tra una sbuffata e uno sbadiglio. Sul serio.
Sicuramente è un problema mio.
Sarà che oltre ad essere un film vecchio nell’animo e nella realizzazione BLAIR WITCH è anche una copia senza vergogna di qualcosa che avevo già visto ed apprezzato, ma che allora era un film contestualizzato e supportato in modo intelligente da un lavoro di marketing geniale, questo invece oltre ad essere sbucato dal nulla solo un paio di mesi fa (nascosto sotto il titolo di lavorazione
The Woods) è completamente privo dell’unico motivo d’interesse che aveva portato milioni di persone al cinema diciassette anni fa: l'aura da "film verità" che si porta dietro dalla sua nascita.



Manca il corollario, manca di una struttura sua, un motivo valido per esistere, di personaggi degni di questo nome, di uno sviluppo che non sia prevedibile ogni dieci secondi… in compenso è perfetto se volete farvi una cultura sui boschi, sui talismani indiani delle bancarelle affissi nottetempo, sulle tende sparate in aria come geyzer, sulla lobby dei boscaioli che senza motivo abbatte alberi a caso ogni cinque minuti, su tizi con le gambe maciullate che scalano gli alberi, sulla gente stupida che in situazioni di panico e angoscia non fa altro che continuare a saltare fuori dal buio a urlare “BUH!!” in faccia agli altri (e quindi allo spettatore).
Un personaggio a un certo punto se ne esce con un “La volete smettere di fare così?!”.
Ciccia, credimi, era quello che stavo pensando dall’inizio del film.
Il lavoro di montaggio, per quanto ben fatto, non salva la baracca, né lo fa il non voler mostrare niente fino alla fine per poi svaccare tutto facendo ricicciare fuori la strega tante di quelle volte che ti vien quasi il dubbio che voglia solo farsi un selfie con i protagonisti. 

Cosa che, più o meno, a un certo punto riesce anche a fare. Giuro.
Mi rendo conto che un quindicenne, oggi, non avendo magari mai visto il primo, iconico film potrebbe trovare del buono in BLAIR WITCH, ma nulla mi toglie dalla testa che questo buono, privato della sua aura documentaristica da Chi l'ha Visto: Horror Edition, il nostro quindicenne possa averlo già visto di sicuro altrove, e senza dubbio fatto meglio. Figurati noi superstiti dell'84...




IN BREVE: Chiaro omaggio del regista ad un film che ha fatto epoca, purtroppo ne esce un remake vigliacco mascherato da sequel che non si prende la minima responsabilità.
L'incarto è nuovo, è l'anima ad essere vecchia. Noia e prevedibilità oltre il livello di guardia.
VOTO, SE PROPRIO DOBBIAMO FARE NUMERO: 4 ½



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